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Il management è l’arte di prendere decisioni sulla base di informazioni insufficienti. (Roy Rowan)

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Il management è l’arte di
prendere decisioni
sulla base di informazioni
insufficienti. (Roy Rowan)

Di fronte al cambiamento, quali strumenti?

Di fronte al cambiamento, quali strumenti?

Di Ilaria Nanetti

“Il cambiamento è l’unica costante nella vita. La capacità di adattarti ai cambiamenti determinerà il tuo successo nella vita” – Benjamin Franklin.

Spesso ci troviamo di fronte all’opportunità, all’obbligo, alla sensazione di disagio causata dal pensiero di affrontare un cambiamento. Il mondo lavorativo ci fa incontrare costantemente bivi sulle strade, a volte rotonde con più uscite, in cui rischiamo di rimanere incastrati perché non sappiamo scegliere. Si può trattare di accettare maggiori responsabilità, esplorare nuovi mercati, confrontarsi con fornitori diversi, assumere dipendenti, scommettere su un nuovo tipo di business o di lavoro.

Sentiamo che qualcosa non funziona più, la “zona di confort” ci sta già stretta. Oppure ci rendiamo conto, numeri alla mano, che la nostra attività non sta portando i risultati che vorremmo, spesso non sapendo nemmeno quali risultati ci aspettiamo esattamente. Altre volte sentiamo che le nostre energie si stanno esaurendo, continuiamo ad andare avanti per inerzia, perché non possiamo mollare; avremmo bisogno di qualcosa di diverso ma non sappiamo individuare il problema o non abbiamo le energie (economiche, personali, di tempo) per affrontare un cambiamento.

In altri casi vediamo spazi di crescita, vorremmo allinearci con i nostri competitor e poi superarli, ci rendiamo conto di avere di fronte un’opportunità ma non sappiamo come coglierla. Non ci sentiamo preparati ad accettare il cambiamento che ci permetterebbe di deviare dallo standard, di farci modificare i risultati, di migliorare le performance.

Quali sono allora gli strumenti per cambiare? Esiste un metodo indipendente dalla conoscenza di prodotto e di mercato per affrontare questo passaggio?

Il primo step, forse ovvio ma troppo spesso ignorato, è definire un obiettivo: cercare di capire dove vogliamo arrivare, senza fermarci a ragionare (in prima battuta) su come farlo. Si può trattare di una meta a breve termine o lungo termine. A volte l’obiettivo è la risposta ad una necessità, non per forza un avanzamento in verticale ma un miglioramento organizzativo orizzontale, che ci aiuti a rimodulare la base di appoggio per ritrovare l’equilibrio; e a definire poi una strategia di crescita.

Ad esempio un’azienda si può trovare in difficoltà con la gestione delle sue risorse oppure il titolare può aver bisogno di uscire dall’operatività quotidiana per dedicare più tempo allo sviluppo.

Una volta chiarito in che direzione muoverci, sarà più facile lavorare ad una pianificazione che ci permetta di realizzare il cambiamento stesso ragionando su come farlo (quali step, a che costo, in quanto tempo, con quali partner); magari dividendolo in piccoli passi, ognuno di essi razionalmente raggiungibile.

Soprattutto quando la meta è lontana, è infatti possibile riconoscere l’utilità di più passaggi, ognuno dei quali rappresenta un traguardo parziale che ci permetterà, da una parte, di correggere il tiro mentre avanziamo; dall’altra di riconoscere l’utilità dei nostri sforzi per mantenere la motivazione necessaria a procedere.

Se capisco che la mia azienda ha la necessità di cambiare la propria strategia comunicativa, ad esempio, e decido di modificare la comunicazione online (anche affidandomi ad un’agenzia esperta), posso monitorare i feedback dei miei messaggi, sapere da quale tipo di pubblico vengono recepiti, adattare i successivi contenuti o format per essere più interessante.

Come sapere poi se stiamo procedendo nella giusta direzione? Se i passaggi che abbiamo affrontato sono effettivamente migliorativi? Se ci servono, ad esempio, altre risorse per poter continuare?

Sicuramente l’introduzione di sistemi di monitoraggio numerico, per i vari ambiti di attività, ci permetterà di creare i primi indici, funzionali alla lettura dell’andamento nel tempo delle nostre scelte e dei nostri interventi. Potremo riscontrare risultati oggettivi, misurabili e pianificabili.

Ma come è possibile uscire dagli stessi binari che abbiamo percorso per anni? Come riuscire a metterci in discussione? Non sarebbe il caso di confrontarci con uno “specchio” (una persona o un team) che, imparando a conoscere la nostra realtà e guardandoci da un punto di vista esterno, possa portare il proprio contributo in termini di competenze, supporto ed esperienza, e offrire un punto di vista critico per agire il cambiamento in modo alternativo?

Più che chiedermi se esistono strumenti giusti per cambiare, preferisco ragionare su quali sono i modi per rapportarmi al cambiamento. Arriva sempre e comunque, più o meno veloce, più o meno impattante. Ognuno di noi nel corso della propria vita, personale e professionale, ci si è trovato di fronte. Ma sappiamo come trarne vantaggio? Sappiamo come andargli incontro e viverlo?

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