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Il management è l’arte di prendere decisioni sulla base di informazioni insufficienti. (Roy Rowan)

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prendere decisioni
sulla base di informazioni
insufficienti. (Roy Rowan)

Le bufale della Programmazione neuro linguistica

Di: Stefano Dalla Casa

Dalla psicoterapia al coaching la Pnl è ancora priva di solide prove sperimentali, e presenta molte caratteristiche delle pseudoscienze.

La Programmazione neuro linguistica (Pnl) è stata bocciata dalla scienza in ogni maniera possibile e immaginabile, eppure continua a far parlare di sé. Per esempio, qualche tempo fa ci fu la polemica su certi consulenti del Movimento 5 Stelle arruolati da Gianroberto Casaleggio che, secondo le accuse lanciate da Ivan Catalano poco prima di uscire dal movimento, utilizzavano la Pnl. I più attenti avranno invece notato che nel film Kingsman – Secret service (2014) la Programmazione neuro linguistica è spacciata come arma di seduzione. E’ infatti quasi impossibile trovare un campo dove la Pnl, secondo i suoi sostenitori, non possa essere applicata: dal corteggiamento alla leadership, dai problemi di autostima alle capacità sportive, il successo è a portata di mano, e c’è addirittura chi arriva a proporre la disciplina per combattere la depressione e altri disturbi psicologici.

Ma che cos’è, di preciso, la Programmazione neurolinguistica?

Le origini

La Pnl nasce nella prima metà degli anni ’70, il periodo d’oro della New-Age, e forse non è un caso che la culla sia stata proprio la lisergica California. I papà della nuova disciplina erano Richard Bandler, al tempo studente di psicologia, e il linguista John Grinder, entrambi alla University of California, Santa Cruz, che avevano cominciato a elucubrare una sorta di “Teoria del tutt” della psicoterapia a partire dai rispettivi campi di studio.

Uno dei capisaldi della nuova, rivoluzionaria branca della psicologia sarebbe costituito dall’imitazione o, come la definiscono gli adepti, modeling: imitando il linguaggio e i comportamenti delle persone di successo sarebbe possibile fare nostre le loro capacità e raggiungere i loro stessi risultati. È così infatti, secondo il Vangelo della Programmazione neuro linguistica, che Grinder e Bandler arrivarono a un’altra intuizione fondamentale chiamata Meta-modello: studiando il lavoro di tre famosi psicoterapeuti (Virginia Satir, Milton Erickson e Fritz Perls) e integrandolo con le teorie di celebri linguisti come Gregory Bateson e Noam Chomsky, si convinsero che la chiave della terapia non fosse tanto quello che diceva il paziente, ma come lo diceva.

Secondo la Pnl, infatti, esisterebbero nel linguaggio tre processi (generalizzazionecancellazione e distorsione) tramite i quali inconsciamente eliminiamo parte dell’informazione. Compito dello psicoterapeuta, secondo la Pnl, sarebbe chiedere conto al paziente delle parole che sceglie di usare, in modo che lui stesso possa comprendere la struttura sottostante. Semplificando, se il paziente dicesse: “Tutti mi trattano male” (generalizzazione) il terapeuta potrebbe ribattere: “Davvero non c’è nessuno che la tratta bene?” e così via.

Grinder e Bandler distillarono anche il concetto di Sistema rappresentazionale. Nella nostra mente creiamo rappresentazioni soggettive della realtà che ci circonda in base a quello che percepiscono i nostri sensi, da cui deriva uno dei suggestivi motti fatti propri dai seguaci della Pnl: “la mappa non è il territorio“. Ma da questa ragionevole (e non certo originale) premessa i padri della Pnl hanno dedotto arbitrariamente che sia possibile capire come pensa ognuno di noi in base a una serie di indizi, in particolare dal linguaggio e dai movimenti oculari.

Se usiamo di frequente espressioni come:“Vedo che ti piace il cinema” riveleremo che il nostro sistema rappresentazionale preferenziale è quello visivo. Il sistema rappresentazionale uditivo sarà invece indicato da espressioni come: “Ho sentito troppi discorsi su questo tema” mentre i cinestetici, cioè le persone che si relazionano con la realtà soprattutto in termini di tatto, gusto e olfatto, ci diranno: “La sua stretta di mano non mi è piaciuta“. Si potrebbero poi utilizzare queste informazioni per sperimentare, o far sperimentare, altri modi di processare le informazioni, o per entrare velocemente in sintonia.

Tirando le somme, Bandler e Grinder dicevano che la Programmazione neuro linguistica derivava dalle più moderne teorie psicologiche e linguistiche dell’epoca, e consisteva in un insieme di metodi (tra cui abbiamo ricordato solo alcuni dei più importanti) che permetterebbero di riprogrammare efficacemente il proprio modo di pensare e comunicare. Eppure, come divenne presto chiaro, nulla di tutto questo corrispondeva al vero.

Poca scienza, molta pseudoscienza

A partire dal nome la Programmazione neuro linguistica rimanda volutamente a concetti propri della scienza e del mondo accademico. Nonostante l’enfasi sui suoi aspetti pratici, siano essi guarire dalle fobie o diventare dei leader, è quindi fondamentale ricordare che ogni appello alla scientificità della Pnl è del tutto inappropriato.

I linguisti, neuroscienziati e psicologi che hanno affrontato i tomi da auto-grill pubblicati dal duo (e dai loro successori) sono concordi: i numerosi luminari che Grinder e Bandler chiamano a supporto delle proprie teorie non hanno nulla a che vedere con esse. Per esempio, la leggenda vorrebbe che la grammatica trasformazionale di Noam Chomsky abbia contribuito considerevolmente allo sviluppo della Pnl, ma nel libro Language Myths, Mysteries and Magic (Palgrave Macmillan, 2014) la linguista e scettica Karen Stollznow spiega:

“Le idee di Chomsky sono costrutti teorici che spiegano come le persone parlano, non dice alle persone come dovrebbero parlare. Inoltre Chomsky a partire dagli anni ’60 ha abbandonato o modificato le sue stesse teorie. Ma chi sostiene la Pnl non si tiene al passo con la moderna teoria. Oltre a prenderne in prestito i termini, la Pnl non somiglia a nessuna delle teorie o filosofie di Chomsky. Inoltre, Chomsky non brevetta le sue teorie.”

Stollznow si riferisce ai diritti di utilizzo del nome e dei principi della Pnl, che portarono a una lunga disputa legale che ha visto contrapposti proprio Bandler e Grinder. A questo proposito la linguista commenta:

“Nessuno degli innumerevoli modelli, pilastri e principi della Pnl ha aiutato questi fondatori a risolvere i loro conflitti personali  e professionali.”

Quello che rende la Pnl una pseudoscienza è anche quello che presumibilmente le ha permesso di sopravvivere in salute fino a oggi. Le descrizioni dei metodi che la costituiscono hanno abbastanza jargon tecnico da dare un’illusione di scientificità, e i metodi stessi sono talmente vaghi e numerosi che è facile trovarne qualcuno in grado di sedurci con la sua ingannevole plausibilità. Tutto questo la rende anche facilmente aggiornabile (da chiunque voglia, visto che non esiste nessun sistema di istruzione e certificazione condiviso): per esempio c’è chi ora tira in ballo i neuroni specchio, asso pigliatutto della Pop psychology, e naturalmente non può mancare la meccanica quantistica: non a caso l’agenzia di Grinder sia chiama Quantum leap.

Ma… funziona?

Le teorie alla base della Pnl saranno anche ridicole e basate su presupposti inventati o superati, ma questo non è di per sé sufficiente per dire che non funzioni in qualche modo. Il problema è che la natura vaga e adattabile di questa disciplina pseudoscientifica la rende impossibile da testare in modo soddisfacente per chi la pratica. Per esempio, quando lo psicologo Richard Wiseman e colleghi dimostrarono che non era possibile capire se una persona mentiva dai movimenti oculari, alcuni esperti cominciarono a negare che l’affermazione appartenesse davvero alla Pnl.

Detto questo, sono stati eseguiti molti studi per valutare l’efficacia della Pnl, sia in psicoterapia che in comunicazione e in base a essi c’è ampio consenso sulla sua inefficacia. Pochi sono infatti gli studi scientifici che la supportano e le revisioni sistematiche l’hanno regolarmente bocciata. E dire che c’erano grandi aspettative: anche l’esercito americano (ricordate L’uomo che fissa che le capre?) era interessato a certe tecniche New-age che si stavano diffondendo negli anni ’80, inclusa la Pnl, e chiese a un comitato del National Research Council di valutarle. Della Pnl interessava in particolare la parte che permetterebbe di influenzare gli altri, ma alla fine dei due anni di indagine la risposta del comitato fu negativa.

Anche il Modeling, che sembrerebbe così accattivante in superficie, non ha spazio nella moderna psicologia. Come spiega a Wired lo psicologo e psicoterapeuta Armando de Vincentiis: “Molti studi hanno evidenziato che il raggiungimento di un determinato successo (economico, politico, ecc.) è la conseguenza di una serie di circostanze influenzate da una sinergia di fattori alcuni dei quali, addirittura, casuali (capacità di cogliere una occasione, la presenza questa occasione, un terreno fertile che ne consente lo sviluppo, una esigenza sociale e culturale che possa accoglierla, e, ovviamente, una buona preparazione di fondo)“. Continua lo psicologo: “In mancanza di questi fattori il semplice talento rimarrebbe congelato come una fuoriserie chiusa un garage, priva di benzina e di una strada idonea da percorrere“. In sostanza, indipendentemente dalla forma e dal contenuto del linguaggio, non è certo il suo particolare utilizzo la chiave di un determinato successo né l’imitazione o l’apprendimento della forma di quello utilizzato dalle persone che hanno ottenuto risultati straordinari in un determinato campo. “La relazione tra linguaggio, la sua riprogrammazione ed il conseguente successo, quindi, è infondata.“, conclude de Vicentiis.

Business

Anche se è nata come psicoterapia e con le aspirazioni di una rivoluzione scientifica, l’unica nicchia dove poteva logicamente sopravvivere la Pnl era quella del self-help e del coaching e sono questi settori, infatti, i soli a produrre entusiasticamente le prove del suo funzionamento. Peccato però che queste prove di efficacia siano esclusivamente aneddotiche: come mai nessuno controlla sistematicamente come un campione rappresentativo di clienti reagisce alle tecniche della Pnl, e se un certo effetto è davvero imputabile alla Pnl e non ad altri fattori?

Nell’attesa, chiunque può entrare nel business, perché le cause legali hanno stabilito che nemmeno i fondatori hanno diritto all’esclusiva sul nome, quindi chi vuole può registrare la sua combinazione preferita, se arriva in tempo. Per esempio, quella di Bandler è Pure NLP® e cercando “Pnl” nella banca dati dei marchi depositati in Italia spuntano ben 21 risultati, da Pnl sistemica a Pnl per il successo. E mancando, come accennato, un qualsiasi sistema di accreditamento condiviso, chiunque può aprire la sua scuola e mettersi a produrre le proprie certificazioni, tutte ugualmente non riconosciute dagli stati.

Saranno solo i cinestestici a sentirsi un po’ presi in giro?

Tratto da: www.wired.it

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