Quando sentiamo parlare di engagement aziendale dobbiamo subito pensare al coinvolgimento emotivo e produttivo del personale all’interno di una realtà lavorativa.
Ma cosa significa engagement? È interessante notare la traduzione proposta dall’Oxford Languages, perfettamente in linea con le ricerche dell’employee engagement, la quale cita: “Impegno ideologico, spec. sul piano civile e culturale.”
Notiamo due parole chiave, necessarie per inquadrare il coinvolgimento dei dipendenti all’interno di un’azienda: 1. Impegno ideologico, si prodiga per una causa a lui cara. 2. Sul piano civile (del bene comune) e culturale (relativo alla Propria cultura) sentendosi parte di qualcosa.
Quindi, le ricerche eseguite nell’ambito dell’engagement aziendale confermano l’importanza del coinvolgimento del personale: devono entrare nel vivo della realtà aziendale, condividerne le idee.
Insomma, gli stakeholder devono sentirsi parte di una squadra e percepire come fondamentale il loro contributo, sempre per un progetto comune.
In questo modo vi sarà un beneficio produttivo, grazie ad una creatività efficace e una partecipazione attiva alla mission e vision dell’azienda.
Supponiamo di non voler stimolare i lavoratori, perché il prodotto offerto in questo modo ha sempre funzionato. Ciò che otterremo è un personale poco motivato, che offrirà una produttività sempre uguale e senza margine di crescita.
Se, invece, coinvolgiamo ogni individuo in un ambiente trasparente e aperto al dialogo, allora avremo un incremento del prodotto.
Fino ad ora la formula sembrerebbe estremamente semplice: A. creare un senso di appartenenza + B. coinvolgere dal punto di vista emozionale e produttivo = crescita del capitale.
Allora perché solo il 15% delle risorse si sente davvero coinvolto? Lo dichiara il report annuale di Gallup “State of the Global Workplace”, il quale aggiunge: le aziende che coinvolgono il personale hanno anche una percentuale del 22% di profitto superiore alle altre.
Un’altra ricerca è stata sviluppata nel 2020 dalla LIUC BUSINESS SCHOOL. L’obiettivo era quello di analizzare le modalità con cui vengono valutate le performance aziendali in un mondo V.U.C.A (acronimo che sintetizza Volatility, Uncertainty, Complexity and Ambiguity, traducibili in italiano con Volatilità, Incertezza, Complessità e Ambiguità).
“Tra marzo e dicembre 2019 hanno risposto 71 imprese, per lo più multinazionali (77%). Svariati i settori di appartenenza, con una partecipazione più significativa (35%) per quello meccanico.
Il 95% degli intervistati ha dichiarato che nella propria azienda è presente un meccanismo di valutazione della performance, formalizzato nell’84% dei casi. Obiettivo principale di questa attività per l’80% delle aziende è migliorare la prestazione.
Tra i dati più rilevanti emersi dalla ricerca, quello relativo alle imprese del campione che hanno scelto di adottare metodi di autovalutazione: si tratta, nonostante siano tutte realtà fortemente organizzate e all’avanguardia sotto molteplici aspetti, solo del 61%.”
Quali conclusione ha portato questa analisi?
“Tra le sfide fissate per il futuro, l’evoluzione dei sistemi di valutazione da una logica di controllo ad una di stimolo per la crescita, con maggiore attenzione al dialogo e alla fiducia. Dalla ricerca emerge anche la necessità di una semplificazione dei sistemi e di feedback continui da parte dei “capi” ai propri dipendenti.”
Non lontano da casa abbiamo l’esempio di Adriano Olivetti, il quale dichiarò che una risorsa felice sarà sempre un vantaggio aziendale.
La sua idea imprenditoriale si basò sull’idea di comunità, democrazia e creatività per massimizzare la produttività: un modello dimostratosi vincente.
Il confine tra perseguire un’azienda di persone felici e un’azienda produttiva è molto labile: la “felicità” dei collaboratori deve provenire dai risultati, dalla capacità di perseguire obiettivi concreti e di raggiungerli, dal sentirsi parte di un progetto chiaro, con prospettive definite. Il pericolo di perdere di vista che la felicità e l’ambiente sano e collaborativo sono la conseguenza di un percorso fatto di risultati si può trasformare nel manager o nell’imprenditore che mira alla squadra a prescindere, al quieto vivere, al “tenere tutto insieme”, alle cene in cui si è tutti nella stessa barca mentre invece la distinzione in azienda DEVE rimanere chiara: produttività contro improduttività, parità dei punti di vista contro rispetto per la gerarchia, tempi autodeterminati contro scadenze condivise e rispettate, responsabilità sempre del proprio ruolo, dei propri obiettivi, del proprio comportamento.
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