Siamo arrivati alla fine dell’anno e il mese di dicembre è notoriamente tempo di bilanci, di riflessioni su ciò che è stato l’anno che si sta per concludere e quello che si sogna per l’anno nuovo. E’ così nella vita privata, ma è così anche e soprattutto nella vita delle aziende.
E’ utile comprendere le ragioni alla base di un successo, quelle che hanno prodotto risultati negativi o distanti dalle aspettative, quello che non ha proprio funzionato. Su questi dati analitici bisogna formulare nuovi obiettivi e nuove tattiche per perseguire le strategie definite. A volte bisogna rivedere tutto, altre si devono aggiustare solo piccole cose.
Qualsiasi sia la situazione in cui vi trovate, prima si capisce l’origine degli errori commessi, prima si riuscirà a rimettersi sul binario corretto e riprendere la corsa e riguadagnare terreno.
Abbiamo chiesto ai nostri consulenti di indicare quali sono gli errori più comuni che si trovano a correggere in azienda e che impediscono all’azienda di proliferare.
Se vi riconoscete in uno o più dei casi descritti, parlatene con un nostro consulente!
Basarsi su valutazioni soggettive e non su dati oggettivi e KPI
Nelle aziende è ancora molto diffusa l’abitudine a prendere decisioni lasciandosi guidare da impressioni soggettive, anziché basarsi su dati numerici oggettivi che spesso sono del tutto assenti o che, quando esistono, vengono ignorati o sottoutilizzati. Questo comporta la tendenza a ragionare sulle problematiche, e sulle soluzioni, senza utilizzare le informazioni a disposizione -quando ci sono- o senza essersi preoccupati di raccoglierle per poter analizzare correttamente ciò che succede. La carenza di informazioni produce analisi superficiali, che spesso portano le aziende a non capire quali sono i veri problemi dell’attività e a individuare soluzioni parziali o di tamponamento.
Non avere una visione strategica
Se da una parte l’imprenditore rimane il motore primo della vita in azienda grazie alle sue intuizioni e alla sua capacità di essere un collettore di risorse e di energie, dall’altra viene spesso sottovalutata l’importanza di comunicare ai collaboratori dove l’azienda vuole andare, quali sono gli obiettivi e gli standard che devono essere rispettati, come si vuole essere presenti sul mercato. Tutto questo si riassume con una chiarezza di visione strategica, che non sempre è limpida e definita e questo rende difficile la condivisione ed il perseguimento degli obiettivi.
Nei casi peggiori la conseguenza è, per chi lavora in azienda, la percezione di essere in balia degli eventi e poco competitivi sul mercato.
Sottovalutare l’importanza di una corretta gestione amministrativa dell’azienda
Spesso le aziende tendono a concentrarsi solo sui rapporti con i clienti e i fornitori preoccupandosi quasi esclusivamente di incassi e pagamenti. Per assicurarsi dei buoni risultati è fondamentale confrontarsi assiduamente con il proprio fiscalista, che rappresenta l’intermediario con il Fisco, e che è in possesso degli strumenti necessari per affrontare un sistema normativo in continua evoluzione senza subirlo. Il Fisco non è necessariamente un nemico: solo una sottovalutazione della sua forza può farci trovare impreparati.
Gestire male gli errori commessi dal collaboratore
La normale reazione umana all’errore altrui è di giudicare chi l’ha commesso e rimproverarlo. Manager e imprenditori non sono ahimé alieni a queste logiche ed è difficile che accettino l’errore come effetto di una cattiva comprensione da parte del collaboratore o di mancanza di informazioni. Saper riconoscere l’errore e considerare l’azione sbagliata come un feedback mette nelle migliori condizioni tutti gli attori di agire per il meglio: il collaboratore non si sentirà giudicato ed eviterà quindi di mettersi sulla difensiva e il manager avrà più elementi a disposizione per capire l’origine del problema e correggere il proprio modo di gestire le risorse riuscendo a liberare il loro potenziale.
Accontentarsi di basse performance dei collaboratori
Accettare compromessi sulla qualità del lavoro di un collaboratore porta lentamente ma inesorabilmente l’azienda ad un calo di performance. Perché? Perché il collaboratore inefficace diventerà prima o poi lo standard di riferimento disincentivando tutti a lavorare duramente, comunicherà in maniera sbagliata gli standard aziendali alla clientela, impatterà negativamente sugli utili e quindi sulla possibilità dell’azienda nel lungo termine di fare investimenti e crescere magari assumendo personale più performante.
Gestire male la vendita
Ci si innamora talmente tanto del servizio o prodotto che l’azienda propone sul mercato da convincersi che il successo della vendita si basi prevalentemente sulla conoscenza del prodotto stesso e sul prezzo applicato. Questo non è più vero e un tale approccio, in un contesto ipercompetitivo e con un livellamento verso il basso dei prezzi e del servizio, tenderà a non produrre risultati in termini di vendita creando terreno fertile agli alibi. Questi ultimi vanno a celare il vero problema: la mancanza di capacità relazionali che sono le fondamenta del successo nelle trattative.
Affidare la propria immagine pubblica al cugino o allo stagista
Il web e i social sono diventati strumenti fondamentali per i veicolare i propri messaggi e i propri valori, consentono di avere un rapporto e un dialogo continuo con la propria clientela; sono una vetrina di quello che si è, un luogo dove rendersi accattivanti a nuovi clienti. Uno stagista o il cugino che pur abbiano le competenze di base non sono una risposta adeguata alla complessità delle strategie che bisogna mettere in atto per trasmettere i propri valori aziendali e curare la propria immagine pubblica.
Non avere le Idee chiare sulle professionalità di cui si ha bisogno in azienda in fase di selezione
Aprire una selezione di nuovo personale in azienda è una prassi talmente abituale da aver perso nel tempo la sua connotazione strategica. Sottovalutare la forza che ha il poter inserire personale ad alto potenziale in azienda vanifica un’occasione rara di poter ridefinire verso l’alto gli standard che vogliamo perseguire in azienda. Ci si fa prendere dall’urgenza e delle esigenze immediate, senza ragionare in maniera adeguata sull’opportunità che una nuova risorsa potrebbe costituire in termini di nuovi ruoli, competenze, redistribuzione dei carichi di lavoro, definizione della modalità in cui vogliamo che venga trasferito valore in azienda. Inseguendo ciò che abbiamo perso rischiamo di non cogliere e di non riconoscere ciò che potremmo trovare guardando con occhi nuovi la sedia rimasta vuota.
Come dicevano gli antichi “Humanum fuit errare, diabolicum est per animositatem in errore manere“, “cadere nell’errore è stato proprio dell’uomo, ma è diabolico insistere nell’errore per superbia”.