La pubblicità online ha molte caratteristiche, ma la solidità non sembra essere tra queste. Rappresenta ormai circa il 20% del totale della spesa pubblicitaria a livello mondiale, anche se oltre il 90% è controllato dai due oligopolisti del settore, ovvero Google e Facebook. La cosa più curiosa, però, è che nessuno sembra ancora avere un’idea chiara sul fatto che sia davvero efficace o meno. Come ha scritto il sito Quartz.com, questa incertezza ha raggiunto un nuovo massimo storico quando la stessa Google ha reso noto che il 56,1% delle inserzioni su internet non sono mai state neanche “in view”, ovvero apparse sullo schermo per un secondo o più. Questo porta a un numero impressionante di impression, o rappresentazioni dell’inserzione stessa, che vengono pagata dagli inserzionisti ma sono utili per le stesse aziende come un televisore lasciato acceso in una stanza vuota.
La notizia, di per sé, non è una rivelazione sconvolgente. La società di analisi del web ComScore ha comunicato che lo scorso anno il 46% delle pubblicità online non sono mai state viste. Spider.io, una società di annunci truffaldini acquistata da Google a febbraio, ha fatto notare che una parte considerevole delle pubblicità online sono viste solo da robot, ovvero software intelligenti, rivelando inoltre che un gruppo di 120 mila computer infettati da appositi virus che li rendono telecomandabili da remoto a insaputa dei proprietari ha visto annunci pubblicitari miliardi di volte, aumentando così le statistiche rivendute poi agli inserzionisti che non hanno però mai comunicato a essere umani potenziali acquirenti come desiderato.
L’ammissione di un peso massimo della pubblicità online come Google che il concetto stesso di visibilità della pubblicità online costituisce un problema potrebbe però influenzare profondamente il mercato, influenzando persino in negativo lo sbarco in borsa di startup basate sulla pubblicità online e rendendo necessari metodi innovativi per verificare l’efficacia della pubblicità da parte degli inserzionisti. Una delle frasi più celebri di John Wanamaker, imprenditore e politico statunitense dell’Ottocento, appare quindi molto attuale: “La metà dei soldi che spendo in pubblicità è sprecata. Il problema è che non so quale metà”. Nel caso della pubblicità online, la metà sprecata è quella relativa agli annunci mai visti, e gli inserzionisti sono ora alla ricerca di strumenti attendibili per capire quali sono.
Interessante anche un particolare: Google ha reso noto le lacune e le problematiche di un sistema, quello della pubblicità online attuale, su cui ha costruito la propria fortuna contemporaneamente a un nuovo servizio per gli inserzionisti. In luglio, infatti, la società di Larry Page ha introdotto la piattaforma Active View, che misura solo le pubblicità viste. Sempre che, naturalmente, il concetto di pubblicità vista sia davvero attendibile e coerente con le finalità degli inserzionisti.
Tratto da: http://www.milanofinanza.it/