IN MOLTI CASI L’ERRORE NON È LA SCELTA AFFRETTATA MA IL RIPORRE NEL CASSETTO DECISIONI STRATEGICHE PER INSICUREZZA. UNA SOLUZIONE È NEL RISK MANAGEMENT
Il rischio più grande è la paralisi nelle strategie di crescita. Clifford Chance, una delle law-firm più grandi al mondo, ha commissionato a The Economist Intelligence Unit una survey sul tema dei rischi e della loro gestione presso le grandi società globali quotate. I risultati, che Repubblica-Affari&Finanza pubblica in esclusiva per l’Italia, evidenziano il modo in cui vengono gestiti in azienda e la necessità di figure specializzate nel risk management per evitare scelte affrettate. La crisi ha portato a una forte avversione al rischio da parte delle aziende. Il risultato è che in molti casi si tengono nel cassetto piani di sviluppo per paura di sbagliare, con la conseguenza di perdere il treno della competitività.
Il 40% dei 320 manager intervistati ha affermato che i board aziendali sono eccessivamente avversi al rischio e il loro atteggiamento soffoca i piani di crescita del business. Per Umberto Penco Salvi, partner italiano dello studio legale, questi dati non risultano così sorprendenti per chi frequenta quotidianamente il mondo delle aziende. “L’attenzione ai rischi è sacrosanta, ma occorre un approccio ragionato per evitare di concentrarsi solo su alcune minacce e magari perdere opportunità di sviluppo”. Qualche esempio? “Quando si programma un’acquisizione, spesso si tende solo a guardare il contributo che l’operazione può dare a giro d’affari dell’acquirente, senza considerare tutte le altre possibili ricadute, ad esempio di carattere reputazionale”, sottolinea l’avvocato.
Questo fa emergere l’importanza del risk management, spesso trascurato anche nelle realtà più organizzate. “Quando il problema è già emerso, ai consulenti non resta altro che intervenire come pompieri, per cercare di minimizzare i danni”, sottolinea Penco Salvi. “Ben diverso è il caso in cui il programma di gestione dei rischi è integrato in tutte le scelte aziendali, con il risk manager coinvolto tanto nelle scelte del board”, conclude.
Tratto da Repubblica