Di Andrea Vasapolli
Il problema per eccellenza che devono fronteggiare gli imprenditori, quando si pongono il tema del passaggio generazionale dell’impresa, è rappresentato da quando fare subentrare gli eredi nella titolarità e nella gestione della stessa.
Le alternative tipicamente sono:
- rinviare il subentro al momento della morte dell’imprenditore, regolando il passaggio generazionale in sede successoria;
- anticipare tale passaggio ad un momento precedente, in cui l’imprenditore è ancora capace e operativo.
La scelta che l’imprenditore deve fare si pone inoltre su due diversi piani, quella della gestione e quella della titolarità.
La sfera della gestione afferisce al riconoscere agli eredi, interessati e capaci a proseguire la gestione dell’impresa, poteri gestori della stessa, man mano crescenti al crescere della loro esperienza, facendo l’imprenditore sempre più un “passo indietro”.
La sfera della titolarità, invece, riguarda la proprietà dell’impresa, tipicamente per il tramite della titolarità del capitale sociale della società con la quale l’impresa viene esercitata.
Tali differenti piani meritano una valutazione separata. Per quanto riguarda la gestione, il tessuto imprenditoriale italiano, formato prevalentemente da piccole e medie imprese, si caratterizza per figure di imprenditori, oramai avanti negli anni, che spesso sono stati i fondatori delle loro imprese o che comunque negli anni hanno saputo farle crescere e affermare. Questi soggetti fanno molta fatica a lasciare spazio gestorio alle nuove generazioni e anche se loro eredi operano nell’impresa, magari da molti anni, mantengono un ruolo decisionale apicale che impedisce sia agli eredi di crescere come manager sia di comprendere se essi sono effettivamente all’altezza di guidare l’impresa in futuro. Quando in sede successoria il passaggio generazionale nella gestione dell’impresa diventa ineludibile, molto spesso queste imprese si trovano a fronteggiare una grave crisi manageriale, perché gli eredi non sono cresciuti adeguatamente nelle loro competenze ovvero perché si rilevano inadeguati al compito al quale infine sono chiamati.
Per quanto riguarda la sfera della titolarità del capitale sociale della società, il mantenimento integrale dello stesso in capo all’imprenditore può portare a diverse problematiche. Ad esempio di natura fiscale, a fronte del possibile mutamento in peius nel tempo del regime fiscale delle successioni. Ovvero di natura relazionale tra gli eredi, perché chi tra loro è coinvolto nella gestione dell’impresa sovente si sente penalizzato dal fatto che il frutto del suo lavoro nel concorrere alla crescita dell’impresa, magari protrattosi per molti anni, debba essere condiviso, in sede successoria, con altri eredi che magari hanno dedicato a tutt’altro i loro interessi e la loro attività lavorativa.
In verità pianificare per tempo il passaggio generazionale dell’impresa, sia con riferimento alla gestione che alla titolarità, è nel migliore interesse sia dell’impresa stessa, rafforzando le possibilità che possa continuare a operare con successo sul mercato, sia degli eredi, consentendo una equa ripartizione tra gli stessi del patrimonio familiare che tenga anche conto del diverso concorso di ciascuno di essi alla sua crescita e alla sua valorizzazione.
Il nostro ordinamento mette a disposizione molteplici strumenti, civilistici e fiscali, per affrontare e risolvere efficacemente tali problematiche e per consentire un pianificato passaggio generazionale delle imprese, che da un lato non spossessi l’imprenditore e che dall’altro valorizzi il contributo degli eredi e favorisca la loro crescita come manager. Regole di governance societaria, ampia flessibilità nelle regole statutarie, azioni e quote con diritti particolari, istituti quali il patto di famiglia o il trust, la possibilità di utilizzare società con funzioni di holding o di cassaforte di famiglia, e così via.
L’esperienza insegna che non esiste una soluzione standard valida per tutti con pochi adattamenti e che per ogni famiglia e ogni impresa è necessario costruire un percorso “su misura”, che tenga conto non solo delle diverse peculiarità (tipologia societaria, composizione del nucleo familiare, rapporti tra i familiari, ecc.) ma anche della diversa capacità dei clienti di comprendere e apprezzare soluzioni che siano più o meno sofisticate.
(tratto da we welth)