di Paola Danese
Molte aziende stanno aspettando il via libera ai licenziamenti per rimettere in equilibrio l’organico dopo un periodo, in molti settori ma non in tutti, che ha portato un grande ridimensionamento di fatturati, volumi, attività e prospettive. Quindi ha senso parlare di assunzioni? Paradossalmente si e non solo per quei -pochi- settori che non hanno risentito della sferzata del Lockdown, ma perché, al di là della banale retorica, la borsa insegna che è quando il mercato scende che bisogna investire.
È chiaro che può farlo solo chi è arrivato ad oggi con un’azienda solida, con i fondamentali forti e con un patrimonio che non è stato intaccato in maniera profonda da una strozzatura della liquidità corrente. Come molte famiglie che dovendo trascorrere la giornata in casa hanno iniziato a mettere ordine e a ragionare su una nuova organizzazione degli spazi e degli arredi, molti imprenditori hanno avuto modo di ripensare le dinamiche interne della loro azienda, di individuare i colli di bottiglia o di decidere di non tollerare più rami secchi o improduttività davanti alle quali si chiudeva un occhio per quieto vivere.
Questo ha portato alla preparazione di un colpo di spugna su ruoli, processi e figure che non appena il governo darà il via, dovranno trovare una nuova collocazione e lasciare spazio a dinamiche conformi ai nuovo tempi e a risorse che saranno in grado di interpretarli e cavalcarli. Di contro molto del tessuto produttivo italiano si trova già ora costretto a lasciar andare o ad abbandonare risorse valide, che hanno fatto la differenza nel loro contesto ma che, o per logiche di mercato o per sfruttare le opportunità che vedono attorno a loro, tendono ad uscire dalla sicurezza dell’ambiente conosciuto andando in cerca di nuove sfide.
C’è anche chi è rimasto senza lavoro perché tagliato fuori da fusioni e incorporazioni, in cui spesso la logica dei costi prevale sulla valutazione della singola risorsa o chi, intravedendo prospettive poco rosee e sapendo di poter avere delle carte da giocare, concorda con l’azienda un’uscita per alleggerirla di carichi divenuti difficilmente sostenibili… Ecco qual è lo scenario del mercato del lavoro che già oggi si profila davanti ai nostri occhi e che tornerà forse alla mobilità pre-eliminazione articolo 18, che aveva ingessato molte dinamiche per la perdita di un diritto con una nuova assunzione.
Le aziende hanno ora la possibilità di ragionare senza schemi su quali sono davvero le persone con le quali vogliono lavorare, quali sono le competenze che vogliono comprare sul mercato e quali le qualità che decidono di portarsi in casa. La crisi porta sempre ad una estremizzazione delle nostre caratteristiche: ascoltare le motivazioni che portano oggi i candidati a cercare nuove opportunità apre scenari su quanto il lavoro sia o meno la dorsale portante della vita del candidato:
Quanto conta realizzarsi nel proprio lavoro?
Quanto pesa invece la tranquillità di portare uno stipendio a casa?
Quanto sei stato disposto a dare alla tua azienda nel tempo e come ti ha ripagato in questi mesi difficili?
Cosa puoi utilizzare della tua esperienza per portare un valore aggiunto in una realtà nuova e in un mercato che scopriremo davvero “solo vivendo”?
Questo è il momento della presa di coscienza che la squadra che abbiamo è lo specchio delle nostre scelte e delle nostre non-scelte. Possiamo correggere gli errori, raddrizzare le storture e costruire, un pezzo alla volta, quella squadra vincente che non abbiamo mai avuto il tempo di realizzare.
Verranno tempi duri: con chi vuoi affrontarli?