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Il management è l’arte di prendere decisioni sulla base di informazioni insufficienti. (Roy Rowan)

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Il management è l’arte di
prendere decisioni
sulla base di informazioni
insufficienti. (Roy Rowan)

Pitch anything, Oren Klaff: ecco come ho raccolto più di un miliardo di dollari di finanziamenti

di Matteo Castelnuovo 

Farsi dire di si. È questo ciò che la maggior parte degli esponenti della nuova generazione di imprenditori e startupper vuole oggi. Due lettere che possono aprire loro un mondo di opportunità, da quelle finanziarie a quelle di business più in generale, dalle partnership alla realizzazione di nuovi progetti e produzioni. Ognuno ha un’idea e vorrebbe vederla realizzata, ma in pochi realmente ci riescono. I motivi sono vari, dalla parte economica a quella progettuale, passando poi per la mancanza di competenze o di personale qualificato. Nonostante questo tutti continuano a proporre, fare domande e cercare di convincere gli altri a scommettere su di loro e investire sulla loro intuizione.

Ma qual è il segreto per riuscirci? Ragionando su questa domanda e seguendo anche le testimonianze e il dialogo iniziato con alcuni dei migliori giovani imprenditori italiani intervistati in questo 2017, abbiamo capito che il “pitching” (termine inglese che indica un discorso dal forte potere persuasivo) è di sicuro il primo momento cruciale nel percorso di sviluppo di un progetto di business. Così, quando anche in Italia è approdato “Pitch anything” – La presentazione perfetta, il nuovo libro di Oren Klaff, abbiamo voluto saperne di più su quest’arte particolare ed estremamente affascinante. Klaff, infatti, da autore best seller e massimo esperto mondiale della materia, nella sua opera, edita da Roi edizioni, risponde al problema di disallineamento tra messaggio e destinatario presentando un metodo innovativo per comunicare in maniera convincente e farsi dire sempre di sì, appunto. Lo stesso che nella sua brillante carriera gli ha permesso di raccogliere fondi per oltre un miliardo di dollari e di continuare a farlo al ritmo di circa due milioni di dollari alla settimana. Un’idea a metà tra neuroscienze e finanza che, come spiega lo stesso scrittore nel suo libro, è nata dalla comprensione di quell’enorme differenza presente tra il modo in cui presentiamo qualunque cosa e il modo in cui quella presentazione viene recepita dai nostri ascoltatori. Di conseguenza, al momento cruciale, quando è fondamentale essere convincenti, nove volte su dieci non lo siamo. Per questo, unendo gli ultimi risultati provenienti dal mondo della neuroscienza con alcune nozioni base della finanza, nasce la neurofinanza. Una pratica comunicativa potente a tal punto da permettere a chiunque la utilizzi di parlare davvero a quella parte del nostro cervello che sa ascoltare e prendere decisioni sulla base delle informazioni ricevute.

 laff, come nasce questo libro?
«Stavo spiegando ad alcune persone le mie tecniche per concludere un affare e ha cominciato a spargersi la voce. Non avevo mai desiderato scrivere un libro, ma alla fine sono stato presentato a un agente newyorkese che ha organizzato vari incontri con potenziali editori. Uno di loro ha amato l’idea e mi ha fatto un’offerta per un libro»
 

Come potremmo definire la neurofinanza per i non addetti ai lavori?
«Non è necessario essere degli scienziati per comprendere la neurofinanza: gli strumenti della neurofinanza studiano – da un punto di vista comportamentale – come valutiamo le informazioni riguardo a opzioni finanziarie dall’esito incerto, per esempio a causa del poco tempo o della natura rischiosa, e che possono avere perdite o guadagni. Una delle prime domande che si pone la neurofinanza è come le nostre decisioni finanziarie sono influenzate dalle emozioni, dalla psicologia, dallo stress e dalle caratteristiche dei singoli individu»i.

Quali sono i tre consigli fondamentali per ridurre il disallineamento tra la presentazione e l’ascolto del suo destinatario?
«Prima di tutto bisogna essere più veloci. Gli acquirenti sono molto più intelligenti di quello che si crede e non hanno tempo da perdere. In secondo luogo è fondamentale parlare sempre in termini di persone, non tecnologie o idee astratte, che spesso sono difficili da capire. Infine, la mossa vincente è alzare la posta in gioco. A nessuno interessa risparmiare il 10% sulle spese amministrative. Agli investitori interessa essere più avanti dei loro competitor ed essere i migliori nel loro settore».

Qual è l’ostacolo maggiore che si trova quando si fa un pitch?
«Il primo ostacolo è il rischio di perdere l’attenzione del cliente. L’attenzione è tutto. Non puoi convincere qualcuno se non ti sta prestando attenzione».

Quali sono gli aspetti principali da tenere in considerazione per preparare una buona presentazione?
«Parla sempre prima del problema che risolvi, piuttosto che della soluzione che proponi. La maggioranza delle persone comincia con la soluzione, ciò equivale a fare le cose al contrario».

In un mondo sempre più connesso e digitalizzato, nel quale la soglia dell’attenzione media è scesa sotto quella di un pesce rosso, qual è il segreto per farsi ascoltare fino in fondo?
«Questo dipende molto dalla persona che hai davanti, ma in generale, è necessario alzare la posta in gioco al punto tale che il proprio interlocutore sia costretto ad ascoltare».

Nella sua carriera qual è stato il pitch più difficile?
«Un pitch per un affare da 40 milioni di dollari con un oligarca russo. Lui parlava inglese benissimo, ma si rivolgeva a me esclusivamente in russo, lingua che ovviamente io non capisco».

Qual è invece il pitch che le manca, che non ha fatto o che vorrebbe fare?
«Mi piacerebbe tenere un pitch per convincere una grande città come Londra, Milano o Zurigo a costruire un nuovo stadio calcistico».

Quale sarà la prossima sfida che dovranno affrontare i professionisti del pitching nel prossimo futuro?
«Per chi fa pitching, ogni giorno è una sfida e non esistono tendenze, ma solo potenziali investitori che s’informano online e in tempo reale sui competitor del progetto che gli viene presentato, proprio nel momento stesso in cui chi sta facendo il pitch gli sta parlando, e che quindi chiedono subito perchè quell’idea sia meglio di altre».

Quali sono i tre consigli che darebbe a un giovane startupper per diventare un professionista del pitching?
«Ripetere la propria presentazione tante volte. Non bruciare i contatti migliori prima di avere avuto molte possibilità di presentare il proprio lavoro e di eliminare i punti critici dalla propria presentazione».

(Tratto da BiMag)

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