Autrice Paola Danese
Il valore percepito di un servizio
È ancora recente la banana milionaria che ha fatto parlare di sé; uno specchio dei tempi, non c’è che dire: un prodotto di rapido deperimento, di provenienza esotica, attaccato ad una parete grazie ad un nastro che fa della chimica la sua resistenza. Sono lontani i tempi in cui per sfidare lo status quo quattro artisti al bar inventavano il Ready made, cioè reinventavano la realtà rendendo la quotidianità un’opera d’arte e trasformando il motto di disapprovazione con il quale furono etichettati, in un nome che sapranno far diventare movimento ed espressione di modernità.
“I giovani conoscono il prezzo di tutto ed il valore di niente” lamentava Oscar Wilde e l’imprenditore che stacca la sua conquistata banana milionaria dall’installazione pronto a trasformarla in bolo, sembra quasi rappresentare le prime file di quei giovani… il disorientamento è grande, non solo per la crescente polarizzazione della ricchezza e il modo in cui viene spesa (ma non è l’approccio moralista che qui importa) quanto perché se perdiamo la bussola, diventa davvero difficile mantenere solida la consapevolezza che dietro ad un prezzo deve esserci del valore, immarcescibile magari, o almeno reale.
Lavorando nella consulenza da tanti anni, troppe volte ho sentito sotto i baffi commentare il lavoro del consulente come quello che vende aria; alla lettura dell’asta milionaria ho capito quanto quella vendita rischiasse di mettere in discussione tutto. Ci ha provato nel 2021 l’artista sardo Salvatore Garau vendendo il vuoto per 15.000 euro con la scultura intangibile “io sono”. Anche qui… siamo anni luce distante dall’arte concettuale di Manzoni che ha prodotto la “merda d’artista”.
Dov’è il genio allora? Forse sta solo nella distanza tra gli occhi di chi osserva e le mani di chi fa? No, non credo.
Il Ready Made del Dadaismo è molto vicino al mondo della consulenza, perché il consulente utilizza le sue competenze, la sua intuizione, l’insieme degli strumenti che ha a disposizione per rendere migliore qualcosa che già esiste, che già è stato pensato e realizzato da qualcuno con una
tensione forte verso l’utilità. Il consulente non riempie il vuoto di un contenitore intangibile ma definisce il perimetro di qualcosa che esiste e che magari, a causa della sua crescita vorticosa, dell’ingarbugliamento dei processi, dello sguardo volto al mercato e al fare anziché all’organizzare ha perso una sua coerenza razionale e funzionale. Per il consulente il “bello” è qualcosa che funziona, che performa, che migliora strada facendo perché impara da sé stesso e dai propri errori, perché una volta che il consulente lascia l’azienda che ha supportato, quel bello diventa modello trainante per una crescita più razionale, florida e continua.
La differenza tra un’opera ben fatta, che dura nel tempo e acquista valore e un prodotto lucido, social network-compatibile ma marcescente sta nella quantità di competenze che vengono impiegate per realizzarla, nella capacità di intuire i trend e definire i modelli del futuro, di anticipare i tempi vedendo cose che altri non riescono a immaginare.
Riuscire a fare impresa in Italia è già per sé stessa un’opera d’arte che alle volte necessita di un restauro, altre volte può beneficiare di un punto di vista diverso su dove apporre la firma per dare
nuova vita a qualcosa che funziona ancora ma sta perdendo di valore.

Haku Communication
Nella comunicazione e marketing, il valore percepito è amplificato dalla capacità di creare storytelling che risuona con il pubblico. Un prodotto o un servizio può essere oggettivamente valido, ma se il pubblico non ne percepisce il valore, non avrà successo.
Haku Communication si occupa di costruire identità di marca e di creare narrative e strategie che trasformano un bene o un servizio in una necessità per il cliente.
Se ci pensiamo un attimo, ciò che molto spesso viene venduto non è il prodotto in sé, ma la storia che lo circonda. Questo è quello che accade quando un’azienda decide di comunicare il proprio valore attraverso una campagna ben strutturata: non si vende un oggetto, ma piuttosto un’emozione.
Ogni intervento è progettato per costruire un’immagine forte, capace di rafforzare la connessione tra il brand e il suo pubblico, aumentando il valore percepito del marchio nel tempo.